Per Darwin i deboli devono soccombere. Anche tra gli umani

Fra i selvaggi i deboli di corpo e di mente vengono presto eliminati; e quelli che sopravvivono godono in genere di un ottimo stato di salute

Oggi si fa un gran parlare di Darwin. Darwin di qui, Darwin di là…centenari e beatificazioni post mortem a go-go. Il che è
comprensibile: nell’ opinione pubblica il suo pensiero è indubbiamente rilevante, soprattutto visto il dibattito che ha suscitato nei decenni e, ormai, secoli a seguire.
Ma siccome conosciamo i nostri polli, scommettiamo che i più che con Darwin ci si riempiono la bocca non ne hanno mai letto una riga?
Perché, per esempio, non si citano mai i seguenti passi, tratti dall’Origine dell’uomo, nella traduzione degli Editori Riuniti del ’83?

«Fra i selvaggi i deboli di corpo e di mente vengono presto eliminati; e

quelli che sopravvivono godono in genere di un ottimo stato di salute.

D’altra parte, noi uomini civili cerchiamo con ogni mezzo di ostacolare il

processo di eliminazione; costruiamo ricoveri per gli incapaci, per gli

storpi e per i malati; facciamo leggi per i poveri; e i nostri medici usano

la loro massima abilità per salvare la vita di chiunque fino all’ultimo

momento.

Vi è ragione di credere che la vaccinazione abbia salvato migliaia

di persone, che in passato sarebbero morte di vaiolo a causa della loro

debole costituzione. Così i membri deboli della società civile si

riproducono. Chiunque sia interessato dell’allevamento di animali domestici

non dubiterà che questo fatto sia molto dannoso alla razza umana. E’

sorprendente come spesso la mancanza di cure o le cure mal dirette portano

alla degenerazione di una razza domestica: ma, eccettuato il caso dell’uomo

stesso, difficilmente qualcuno è tanto ignorante da far riprodurre i propri

animali peggiori» (pag.176).

«Dobbiamo perciò sopportare – continua Darwin – gli effetti indubbiamente

deleteri della sopravvivenza dei deboli e della propagazione delle loro

stirpe» (pag.177).

Su una cosa hanno di certo ragione i Darwinisti: sulla sua "attualità". E’ talmente "attuale" da far venire freddo, non è vero?

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