La scienza e il Covid-19. Cosa si è scoperto in 6 mesi sul Coronavirus?

La storia di questa pandemia ed in particolare delle ricerche scientifiche che puntano a trovare una cura e un vaccino ha avuto inizio nel dicembre dello scorso anno, in Cina. Mentre gran parte del mondo si preparava a festeggiare l’arrivo del 2020, il dottor Li Wenliang stava lavorando nel pronto soccorso dell’ospedale centrale di Wuhan, dove erano stati messi in quarantena sette pazienti, tutti affetti da una strana forma di polmonite. Il dottor Li Wenliang aveva condiviso con amici e colleghi il timore che queste infezioni ai polmoni potessero essere collegate ad una nuova forma di Sars.

Per avere allertato i colleghi con WeChat, il sistema di messaggistica simile a Whatsapp che è largamente diffuso in Cina, di un possibile focolaio causato da un virus apparentemente molto aggressivo e simile alla Sars, il dottor Li è stato arrestato dalla polizia cinese, insieme ad altre otto persone, con l’accusa di “avere diffuso voci”. Tornato poi in libertà e al lavoro, Li Wenliang ha contratto il nuovo coronavirus, ormai tristemente noto al mondo come Covid-19, ed è morto a soli 34 anni.

Le prime indagini si sono concentrate sul mercato ittico di Wuhan, che è stato il primo luogo di contagio e diffusione del virus in massa, ma studi successivi hanno poi dimostrato che il primo caso accertato in Cina risalirebbe addirittura al mese di novembre. Il South China Morning Post, dopo avere esaminato documenti governativi, anticipa ulteriormente lo spillover e individua il “paziente zero” in un uomo di 55 anni della provincia di Hubei, che si sarebbe infettato il 17 novembre 2019.

Nessuno, in ogni caso, è riuscito a prevedere che questo nuovo coronavirus si sarebbe diffuso con tale violenza e rapidità. In soli sei mesi dall’esplosione dei contagi al mercato di Wuhan il Covid-19 si è diffuso in 188 paesi e ha infettato oltre 6,6 milioni di persone.

Conoscere a fondo un nuovo nemico è determinante per poterlo affrontare, così in tutto il mondo tra le comunità scientifiche è partita la corsa per decifrare il genoma del virus., operazione che di norma richiede mesi e talvolta anche anni. Tuttavia, con una velocità eccezionale, il 10 gennaio, gli scienziati del Wuhan Institute of Virology – guidati dal professor Yong-Zhen Zhang – hanno pubblicato e condiviso con il mondo la prima sequenza genomica di Covid-19. Due giorni dopo aver diffuso ad altri scienziati stranieri la prima sequenza genetica di Covid-19, il laboratorio del professor Zhang è stato chiuso dalle autorità cinesi, senza una motivazione ufficiale.

Grazie a questa condivisione-lampo, altri laboratori sparsi in tutto il mondo hanno potuto iniziare a lavorare sul Covid-19. Il professor Kristian Andersen specializzato nella genomica delle malattie infettive, ha spiegato che i coronavirus sono una grande famiglia di virus, centinaia dei quali circolano tra animali di tutti i tipi.. Covid-19 è solo il settimo coronavirus che si ritiene sia passato da un altro animale a un essere umano, facendo un salto di specie. “Senza quella prima sequenza, non avremmo potuto iniziare nessuno di questi studi”, ha spiegato il prof. Andersen in un’intervista alla BBC.

Mentre la pandemia iniziava a terrorizzare il mondo, gli sforzi della comunità scientifica si spostarono dall’analisi sulle origini e sul genoma del virus agli interventi per il contenimento della diffusione del contagio planetario.

In questa fase della partita, la Corea del Sud ha giocato un ruolo fondamentale. Si tratta di un paese poco più piccolo dell’Italia, con 51 milioni di abitanti, che si è distinto per come sia riuscito a contenere il Covid-19 grazie alla mobilitazione di un piccolo esercito di persone incaricate di tracciare i contatti, veri e propri investigatori che hanno collegato e mappato tutte le persone contagiate dal Covid-19 risalendo ai loro contatti più recenti. Le loro politiche di auto-isolamento e di messa in quarantena di interi edifici, ospedali, case di riposo e aziende dove erano presenti focolai, ha fermato la diffusione del nemico invisibile con una rapidità e un’efficacia unica al mondo.

Il professor Kim Jong-Yeon, responsabile del team di epidemiologia di Daegu, ha gestito una di queste indagini che è diventata un vero e proprio caso di studio. Nella sua città il focolaio è esploso a partire da una sola persona, il famigerato “Paziente 31”, che ha contagiato un numero impressionante di persone appartenenti ad una setta religiosa. Le attività investigative, dato che le persone aderenti a questo gruppo religioso tendevano a dare risposte evasive, si sono svolte con tecniche simili a quelle delle forse di polizia, con indagini su carte di credito e telefoni, transazioni, chat, cronologie GPS. Un sistema che può sembrare discutibile, ma che si è dimostrato molto efficace e in Corea hanno fermato il virus.

Mentre la Corea fronteggiava il proprio incubo, il virus si faceva strada verso il resto del mondo. Nei vari paesi ogni mutazione è stata isolata, mappata e condivisa tra i laboratori di ricerca in oriente e occidente. Con oltre 37.000 campioni sequenziati dai laboratori sparsi per il mondo, la natura fortemente contagiosa di Covid-19 si è rivelata in tutto il suo orrore.

Il primo decesso in Italia per Covid-19 è avvenuto nel piccolo comune di Vò Vecchio. Alla notizia del decesso le autorità locali hanno isolato l’intera comunità di 3.000 persone e hanno iniziato a fare test a tappeto con i tamponi nasali, indipendentemente dal fatto che queste persone mostrassero o meno sintomi. Scientificamente si è trattato di un esperimento di grande valore, i cui risultati hanno interessato i laboratori di tutto il mondo.

Il professore associato Enrico Lavezzo, che si è occupato dell’operazione, ha spiegato che la scoperta più importante è stata quella che chiama la “diffusione silenziosa” del virus. Oltre il 40% delle persone risultate positive al virus non avevano sintomi e non erano minimamente consapevoli di poter infettare altre persone. Si è avuta la conferma, provata in modo scientifico, della necessità di non potersi concentrare solo sui contatti sintomatici di persone positive. Il professor Lavezzo, in un’intervista alla BBC, ha descritto questa minaccia con parole semplici e molto chiare: “Quando una persona presenta i sintomi resta a casa, ma la maggior parte delle persone asintomatiche continuerà a comportarsi normalmente. Usciranno, incontreranno altre persone, entreranno in stretto contatto con amici, conoscenti, colleghi, senza nemmeno essere consapevoli di trasmettere il virus”. Il gruppo di Lavezzo è stato uno dei primi a stabilire la vasta portata del problema dei casi asintomatici. L’altra importante conferma ottenuta dall’indagine italiana è stata che su 3.000 residenti a Vò, nemmeno un bambino sotto i 10 era risultato positivo.

Ma perché questo virus è così pericoloso? Comunemente, la maggior parte dei virus o è in grado di diffondersi in modo rapido, oppure può causare malattie gravi. Covid-19, purtroppo, riesce a fare entrambe le cose. Infettando le vie aeree superiori, il naso e la parte superiore dei polmoni, l’infiammazione provoca tosse e starnuti, che diffondono rapidamente la malattia, attraverso le goccioline che escono dal corpo. Al tempo stesso, però, l’infezione può interessare le vie aeree inferiori, causando problemi respiratori anche molto gravi e forme di polmonite potenzialmente fatali.

Tra le attività scientifiche degne di nota va ricordato che il laboratorio del professor Michael Farzan è stato il primo a scoprire il recettore ACE-2, durante l’epidemia di Sars nel 2003. Anche nel caso del Covid-19 gli scienziati hanno scoperto che il nuovo coronavirus può entrare nel corpo umano solo in un modo, agganciandosi a specifici recettori presenti sulla superficie delle cellule umane, noti come ACE-2. I recettori ACE-2 sono purtroppo molto diffusi e questo è il motivo per cui Covid-19 provoca una così vasta gamma di sintomi.

Sulla base di tutte queste ricerche e degli studi che in tutto il mondo vengono condotti dalle università e dai laboratori, oggi ci sono 124 diversi gruppi di scienziati e ricercatori che stanno sviluppando un vaccino contro Covid-19.

Le previsioni più ottimistiche parlano di un vaccino per la popolazione verso la primavera del 2021, ma si tratterebbe oggettivamente di un vero e proprio miracolo della scienza. Per produrre vaccini sicuri occorre tempo e non si può sottovalutare nulla. Per prima cosa il vaccino deve essere innocuo, ovvero non deve causare altri problemi. In secondo luogo deve dimostrarsi efficace, proteggendo effettivamente dal Covid-19. Infine deve essere largamente diffuso, e non è certo un’impresa facile distribuirlo a 7 miliardi di persone nel mondo.

Il professor Jorge Kalil, direttore medico dell’Università di San Paolo, conduce una delle sperimentazioni in corso in Brasile. Lui e il suo team sono piuttosto scettici sul fatto che avremo presto un vaccino e che sarà disponibile alle popolazioni entro il 2021. “Dobbiamo andare il più velocemente possibile,” ha dichiarato alla BBC. “Ma non credo che il primo ad arrivare sarà il vincitore. Non è una gara automobilistica. Il vincitore sarà il miglior vaccino, quello che funziona per la maggior parte delle persone – idealmente il 90% – e blocca sia i sintomi che la trasmissione”.

Intanto la prossima settimana prenderà il via in Russia la sperimentazione clinica di un vaccino contro il coronavirus sugli esseri umani, che è stato sviluppato dal Centro di ricerca nazionale di epidemiologia e microbiologia Gamalei.. Lo ha reso noto Vadimr Tarasov, il direttore dell’Istituto di medicina translazionale e biotecnologia alla Prima università di medicina di Mosca, che ha spiegato che i test saranno effettuati su 50 volontari sani, uomini e donne di età compresa fra i 18 anni e i 60, pagati per farsi inoculare il vaccino.

Italia, Francia, Germania e Olanda hanno siglato una partnership per la ricerca del vaccino. Intanto il progetto giunto finora al livello di sperimentazione più avanzata nel pianeta al momento è quello dell’Università di Oxford (in partnership con l’azienda italiana Advent Irbm di Pomezia) finanziato dal governo di Londra.

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