Suicidio assistito per Lucio Magri, fondatore de Il Manifesto

E’ andato in Svizzera a morire ”per sua volontà”

Ha visto il suo sogno di una “sinistra estrema” al potere andare in frantumi. Ha assistito la moglie Mara fino al giorno della sua morte, a causa di un tumore. Poi ha scelto di farla finita, a modo suo. Non si è lanciato sotto un treno; non si è sparato alla testa. Ha chiesto aiuto ad un amico medico, si è recato in Svizzera e ha messo in pratica un “suicidio assistito”. Ne ha dato notizia il quotidiano da lui fondato, “Il Manifesto”. Lucio Magri ha scelto di morire perché non sopportava più di vivere. “Era scivolato da mesi nella depressione per il fallimento politico del suo sogno di sinistra”, scrive TGCom, “ma soprattutto in seguito alla morte della cara moglie Mara, a cui era legatissimo. Accanto a lei, nel cimitero di Recanati, Luci Magri sarà sepolto adesso che si è concluso il suo ultimo viaggio”.
Senza una cerimonia. Senza un funerale. “Aveva fatto sapere a tutti i suoi amici più cari che non voleva funerali, commemorazioni, cerimonie, necrologi”, continua il web magazine. “Il fondatore del “Manifesto” è partito dalla sua casa di Roma, in piazza del Grillo, venerdì sera, per non tornare mai più. E’ andato a morire oltreconfine, in terra elvetica. Nelle stanze dove visse, ad aspettare la notizia inevitabile, c’era quella che lui chiamava la sua famiglia allargata: gli amici Famiano Crucianelli e Filippo Maone, la compagna di sentimenti e di politica Luciana Castellina, la cameriera sudamericana Lalla”.

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