Calcio ed etica. Il dirigente UEFA Giorgio Marchetti a Roveleto di Cadeo

Nell’ambito delle ”Conversazioni” con personaggi pubblici di interesse organizzate dal Comune

Il Comune di Roveleto di Cadeo ha organizzato una serie di “Conversazioni” con personaggi pubblici di sicuro interesse. Domenica scorsa l’ospite era Giorgio Marchetti, direttore delle competizioni UEFA, che è stato possibile portare nel paese piacentino grazie all’amicizia che lo lega a don Umberto Ciullo, il sacerdote della parrocchia. Don Umberto è stato il moderatore dell’incontro dal titolo “Non è solo un gioco. Vizi e virtù del calcio oggi”, a cui avrebbe dovuto partecipare anche Massimo Achini, Presidente nazionale del CSI, bloccato da un improvviso problema familiare.
Marchetti ha confessato di ritenersi “molto fortunato di essere riuscito ad entrare in un mondo che per molti giovani e non solo rappresenta un sogno. Vi sono arrivato per caso, iniziando come portaborse della Nazionale italiana che vinse il Mondiale in Spagna nel 1982”.
Per il dirigente milanese, “è stata la vendita a livello mondiale delle immagini del calcio a creare uno sbilanciamento. E’ questo che spesso rende le competizioni poco interessanti”.
Calcio che non è da santificare ma neanche da demonizzare, considerato che, “essendo un fenomeno sociale di grande portata, costituisce per forza di cose lo specchio della cultura in cui si colloca: in Italia, per esempio, il pallone tende a portare le stigmate di un Paese in cui sono presenti pericolosi fenomeni di degrado morale”.
Interessante il discorso di Marchetti quando parla del fatto che “a causa dei trasferimenti in tutto il mondo di calciatori delle più diverse nazionalità, ormai tra le varie scuole calcistiche non c’è più differenza. Oggi le Nazionali tendono a ricalcare la mentalità del loro allenatore, se non a proporre quello che passa il convento”.
Don Umberto stimola sul calcio femminile il dirigente, che raccoglie: “Il pallone in rosa ha un potenziale enorme. Nonostante le persistenti resistenze culturali, l’UEFA sta investendo moltissimo sul suo sviluppo. Le donne danno un senso di benessere a chi le osserva giocare, come è normale, e accade anche in altri sport, le loro azioni sono meno spettacolari ma più corrette”.
Marchetti ricorda le figure positive di Franco Bettinelli, dirigente sportivo e presidente nazionale del settore giovanile della FIGC dal 1963 al 1976, e di calciatori impegnati nel sociale come Samuel Eto’o e Didier Drogba. Si rivolge inoltre al numeroso pubblico, formato anche da dirigenti ed allenatori locali, con l’osservazione che “l’obiettivo primario degli allenatori dilettantistici deve essere quello di far divertire i ragazzi. A livello locale, oggi, il problema è quello dei genitori che vedono nel loro figlio un piccolo fenomeno. Il calcio e lo sport in generale devono continuare ad essere bacini di valori positivi. Allo stadio bisognerebbe tifare ‘pro’ e non ‘contro’, anche perché non è quest’ultima la strada corretta per supportare la propria squadra. Gli impianti non sono arene di gladiatori, e gli spalti non devono continuare ad essere un luogo in cui sfogare i propri istinti peggiori”.
Il dirigente UEFA riconosce che, se c’è una qualità unanimemente riconosciuta in Europa al calcio italiano, è quella di dare il meglio di sé nelle emergenze, e di saper ottenere, come dimostrato dai trionfi ai Mondiali del 1982 e del 2006, ciò che alla vigilia sembrava impossibile.
Giorgio Marchetti è la dimostrazione di come “un ex ragazzo dell’oratorio di una piccola parrocchia milanese”, umile e testimone di quanto un buon cattolico possa rimanere tale, anche dopo essere arrivato ai vertici dirigenziali del calcio europeo.

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