Il caso dell’estate. Salvate il soldato Schwazer

Diversi stati d’animo si intrecciano nello scandalo che fa discutere l’Italia sportiva e non solo

Scrivo o non scrivo? Scrivo. Lo faccio intenzionalmente solo ora, a bufera mediatica ormai passata e con gli occhi di tutti, miei compresi, rivolti all’inizio del campionato di serie A. Premessa: non sono uno a cui piace fare l’alternativo a tutti i costi; è che a volte, come in questo caso, mi sento in dovere di farlo. Intendiamoci: la delusione è stato il primo stato d’animo; è che poi, ad ascoltare un ragazzo sinceramente disperato, penso sia umano provare pietà nei suoi confronti.
C’è una linea sottile tra l’ironia e la cattiveria su ciò che rappresenta a livello d’immagine (la Kinder, ma non solo) e di appartenenza (gli altoatesini), una linea calpestata senza rispetto. E’ fuori discussione che non abbia sbagliato, di più, e che le incongruenze e le zone oscure restino da chiarire e rischiarare. E’ altrettanto fuori discussione che un nuovo caso Pantani sarebbe inaccettabile, e che poche volte nella storia dello sport si è assistito ad una confessione così incondizionata. E’ ancora più fuori discussione che se si fosse chiamato Alessandro Del Piero, Francesco Totti o Javier Zanetti, i tifosi juventini, romanisti o interisti, l’avrebbero difeso anche di fronte alle più schiaccianti prove della sua colpevolezza. Ma lui, perché è ovviamente di lui che sto parlando, si chiama Alex Schwazer, ogni quattro anni per tre ore e mezza circa era di tutti, e ora non è più di nessuno.

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