Atletica. Lutto in tutto il mondo per la morte di Pietro Mennea

L”’ultimo proiettile bianco” descritto attraverso le sue imprese e alcune importanti testimonianze

Chi era quel signore del quale tanto si parla in questi giorni, morto a 60 anni per un male incurabile? Tre titoli europei tra Roma ’74 (100 metri piani) e Praga ’78 (100 e 200). Nel 1979, fu primatista del mondo dei 200 metri con quel 19″72 ancora oggi miglior tempo europeo sulla distanza. Campione olimpico nella stessa specialità ai Giochi Olimpici di Mosca dell’anno successivo, in cui portò la sua 4×400 a conquistare il bronzo. Medaglia d’argento, sempre con la staffetta, ai Campionati mondiali di Helsinki ’83. Due ritorni all’attività, nel 1982 e nel 1987, cinque finali olimpiche, e tanto altro ancora. Chi era quel signore? Se non fosse ancora chiaro, cerchiamo di capirlo attraverso alcune testimonianze.
Per l’olimpionico nei 200 metri a Roma 1960, Livio Berruti: “Scompare un asceta dello sport, interpretato sempre con ferocia, volontà, determinazione. E’ stato un inno alla resistenza, alla tenacia e alla sofferenza. All’atletica italiana manca questa grande voglia di emergere e di mettersi in luce. Tra noi c’è stato un rapporto molto dialettico: per lui l’atletica era un lavoro, io lo facevo per divertirmi; lui era pragmatico, io idealista. Il nostro è stato uno scontro, come tra Platone e Aristotele”.
Parola alla vincitrice della medaglia d’oro nel salto in alto sempre a Mosca ’80, Sara Simeoni: “Se n’è andato un pezzo della mia vita. È un momento di tristezza incredibile, per me che ho vissuto anni bellissimi insieme a lui, allenandoci fianco a fianco, sopportando gli allenamenti insieme. Ci facevamo coraggio. Erano anni in cui non avevi la possibilità di avere riferimenti o qualcuno che ti potesse dare consigli. L’atletica in quegli anni era un fai da te, ci siamo costruiti con il nostro carattere e il nostro modo di fare ed abbiamo fatto risultati importanti. E’ stato grandissimo”.
Secondo il Presidente del Coni, Giovanni Malagò: “Un uomo con un fisico apparentemente normale, non da super uomo, è riuscito in imprese che hanno fatto la storia dello sport. La mia generazione, così come quella prima e quella dopo è cresciuta, a prescindere dal mito calcistico e di atleti di grandi sport di squadra, con il suo mito. Mi dicono che solo due volte nella storia del Coni è stata fatta qui la camera ardente, non so se sono poche o tante, so che per lui è sacrosanto”.
La Iaaf, Federazione internazionale di atletica, ha emanato un comunicato: “È con grande tristezza che la Iaaf ha ricevuto oggi la notizia che la leggenda…, il velocista italiano, è morto questa mattina in un ospedale di Roma dopo una lunga battaglia con la malattia. La Iaaf piange la sua perdita e porge le condoglianze più profonde e sincere alla sua famiglia e agli amici”.
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha fatto pervenire al Coni un cuscino floreale tricolore per onorarne la memoria. Le Ferrovie dello Stato hanno deciso di intitolargli il primo Frecciarossa 1000 che uscirà dalla fabbrica martedì prossimo, in grado di raggiungere i 400 km/h.
Insomma, chi era quel signore al quale tutto il mondo in queste ore sta rendendo omaggio? Lo avrete capito già da un pezzo. Quel signore era l'”ultimo proiettile bianco”, il più grande di sempre dell’atletica italiana, e uno dei migliori di sempre di quella mondiale.
Quel signore era Pietro Mennea.

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