Pink Floyd – Wish You Were Here. La poetica dell’assenza

Un vorticoso viaggio tra parole che dopo 4 decadi fanno ancora venire i brividi

Quest’anno ricorre il 40esimo anniversario di uno degli album più apprezzati dei Pink Floyd, Wish You Were Here, registrato nei famosi Abbey Road Studios di Londra e pubblicato nel settembre del 1975.
La genesi del disco non fu semplice: quando nel 1974 i quattro membri della band si misero al lavoro erano reduci dall’incredibile successo di The Dark Side of The Moon. Fama, soldi e donne a volontà avevano generato quel senso di appagamento da cui è difficile trarre ispirazione per comporre qualcosa di nuovo. David Gilmour, che avrebbe pertanto preferito lavorare su alcuni brani pre-esistenti suonati dal vivo ma mai inseriti in un album (saranno poi utilizzati per il successivo "Animals"), ad un certo punto strimpellò sulla chitarra 4 note malinconiche che a Roger Waters parvero da subito meravigliose per un omaggio a Syd Barrett, il fondatore della band dagli altri membri estromesso subito dopo l’uscita del primo album per i noti problemi causati dal massiccio ed eccessivo utilizzo di LSD. Il brano si chiamerà "Shine On You Crazy Diamond", sarà suddiviso in due parti – la prima posta in apertura e la seconda in chiusura dell’album per dare quel senso di ciclicità che è uno dei marchi di fabbrica dei Pink Floyd stra-imitato da tantissimi altri – e sarà un omaggio, ma soprattutto una sobria ed onesta disamina del personaggio, in un periodo in cui la leggenda ne veniva di continuo alimentata.
Anzi, Roger Waters decide di dare alla luce un nuovo concept album (il precedente The Dark Side of the Moon era dedicato ai temi della follia e dell’alienazione, metaforicamente rappresentati dal lato oscuro della luna) dedicandosi interamente al tema dell’assenza.
In questo articolo ci vogliamo proprio soffermare sui testi dei brani, per consentire un apprezzamento dell’incredibile e meraviglioso lavoro svolto anche in tal senso dai Pink Floyd e da Roger Waters in particolare.

Shine On You Crazy Diamond – Part I

Remember when you were young, you shone like the sun.
Shine on you crazy diamond.
Now there’s a look in your eyes, like black holes in the sky.
Shine on you crazy diamond.

E fin qui, il pezzo facile, la storia che tutti conoscono. La storia di un ragazzo che stupiva tutti per la facilità nel comporre musica, per il magnetismo dello sguardo, per il carisma sul palco, ma che ad un certo punto perse tutto questo. E’ noto l’episodio raccontato da molti del suo sguardo completamente vuoto, perso, “come se non ci fosse più”.
Però bellissimi il termine “crazy diamond” e soprattutto la metafora di una persona che brilla come il sole, ma questo sole brilla così forte che poi collassa, diventa un buco nero.

You were caught in the crossfire of childhood and stardom, blown on the steel breeze.
Come on you target for faraway laughter, come on you stranger, you legend, you martyr, and shine!

Questa strofa ben spiega cosa è successo a Syd: vi è uno scontro tra la fama (stardome) e gli impegni che essa portava in dote (le apparizioni a top of the tops, la necessità di comporre in breve tempo pezzi di successo, ecc.) ed il mondo di fanciulezza in cui lui Syd si rifugiava (i brani che parlano di folletti e gnomi). Ma dallo scontro Syd esce sconfitto, era completamente impreparato o forse non idoneo, la brezza d’acciaio (termine che rappresenta il meccanismo industriale e quindi "freddo" dell’industria musicale), lo travolge.
Geniale il termine “stranger”: in quel mondo Syd era davvero uno straniero, diventato leggenda e martire.

You reached for the secret too soon, you cried for the moon.
Shine on you crazy diamond.
Threatened by shadows at night, and exposed in the light.
Shine on you crazy diamond.

Qui la grandezza di Syd è davvero celebrata: lui aveva raggiunto il segreto della creatività da subito (per Waters e gli altri ci vollero molti più anni), ma forse troppo presto. Questo lo “brucia” e lo fa finire a ululare alla luna, sicuramente al lato oscuro di essa, che abbiamo imparato in the Dark Side of The Moon essere un richiamo alla follia.
Lui era oppresso dalla sue paure, dai suoi fantasmi, e troppo esposto ad una luce, quella della celebrità, non facile da gestire.

Well you wore out your welcome with random precision, rode on the steel breeze.
Come on you raver, you seer of visions, come on you painter, you piper, you prisoner, and shine!

E quindi Syd è diventato un ospite non più gradito (“hai esaurito in tuo benvenuto”), infatti la band non lo ha più voluto. Nonostante i 4 avessero avuto sensi di colpa, (soprattutto Gilmour che lo aveva aiutato a comporre i due dischi solisti di Syd grazie anche alle royalties dei quali Syd avrebbe poi vissuto dignitosamente tutta la vita), qui non si intravedono in realtà sensi di colpa.
Geniale anche qui l’uso dei termini: con precisione “casuale” Syd aveva cavalcato la brezza d’acciaio. Era risultato perfetto per un momento Syd per l’industria musicale, frutto del suo genio, o forse solo del caso. Ma quel momento era finito.
Waters non può però non celebrarne la grandezza e questi termini sono fantastici: gaudente, visionario, pittore (altra passione di Syd), pifferaio addirittura. E pareva fosse davvero così: tutti lo ascoltavano rapiti cantare e suonare, lo guardavano impressionati comporre brani in pochi minuti (come nel caso di Astronomi Domine, celebre brano di apertura di The Piper at The Gates of Down), le donne lo adoravano.
Ma alla fine tristemente prigioniero di un mondo che lo travolge.
E l’invito a continuare a risplendere è triste, o forse ironico.

Welcome to the machine

Welcome, my son, welcome to the machine.
Where have you been?
It’s alright, we know where you’ve been.

La "macchina" è l’industria musicale, una specie di ingranaggio inarrestabile, che stritola chi è impreparato o non idoneo (come Syd) e che governa interamente le azioni di chi ci è finito in mezzo.
Ecco quindi l’atteggiamento paternalistico forse di un produttore musicale, che accoglie un ragazzo chiamandolo amorevolmente figliolo e che lo rassicura: "tutto a posto, non devi dirci dove sei stato, lo sappiamo".

You’ve been in the pipeline, filling in time,
Provided with toys and ‘Scouting for Boys’.
You bought a guitar to punish your ma,
And you didn’t like school,
And you know you’re nobody’s fool,
So welcome to the machine.

Il ragazzo stava tra le opportunità (la pipeline sono le proposte di vendita emesse ma non ancora confermate dal cliente, utilizzando termini commerciali) ed in tempo si è concretizzato in vendita vera e propria.
Nonostante l’agio e le buone maniere ricevute (aveva ricevuto giocattoli ed il manuale del boy scout), non esita a comprare una chitarra per punire la madre (col rumore e quel senso di ribellione che esprimono in generale i figli chitarristi e capelloni).
Non gli piaceva la scuola, e stava diventando spavaldo: nessuno infatti lo poteva fare fesso.
Sembra un che di ribellione, ma è tutto un clichè, il classico stereotipo dell’industria musicale: perciò, ben venuto nella macchina ragazzo.

Welcome, my son, welcome to the machine.
What did you dream?
It’s alright, we told you what to dream.
You dreamed of a big star, he played a mean guitar,
He always ate in the Steak Bar
He loved to drive in his Jaguar.
So welcome to the machine.

I concetti qui si ripetono: il controllo (la macchina gli ha detto cosa sognare), i cliché (mangiare una grossa bistecca in una Steak House, guidare una Jaguar, fare assoli di chitarra). Il ragazzo è dentro la macchina dalla testa ai piedi.

Have a cigar

Come in here, dear boy, have a cigar.
You’re gonna go far, fly high,
You’re never gonna die,
You’re gonna make it if you try;
They’re gonna love you.

Il ragazzo siede di fronte al produttore musicale: prenditi un sigaro e rilassati, ce la farai, la gente ti adorerà, sarà un successo.

Well I’ve always had a deep respect,
And I mean that most sincere.
The band is just fantastic,
That is really what I think.
Oh by the way, which one’s Pink?

Pare ispirato ad un fatto realmente accaduto, il produttore tesse le lodi della band che si vanta di conoscere molto bene, per poi chiedere alla fine: "ma chi di voi è Pink?" (ricordiamo che Pink Anderson e Floyd Council sono due semi sconosciuti bluesman a cui Syd Barrett si era ispirato per dare il nome al gruppo e non ovviamente membri della band).

And did we tell you the name of the game, boy,
We call it ‘riding the gravy train’

Ma il produttore non ha ancora detto il nome del "gioco" al ragazzo: sostanzialmente si tratta di cavalcare un treno che porterà a tutti quanti una montagna di soldi.

We’re just knocked out,
We heard about the sell out.
You gotta get an album out, you owe it to the people.

L’album appena pubblicato è stato un successo: il produttore chiede al ragazzo di farne subito un altro. Lo deve alla gente, ai suoi fan.

We’re so happy we can hardly count.

Ma in realtà non c’è nessun debito morale verso i fan. E’ solo una questione di soldi. E’ ora di cavalcare l’onda.
Ma scrivere musica quando c’è l’ispirazione produce un risultato ben differente da scriverla solo per fare un uscire un disco da cui trarre facili guadagni.

Everybody else is just green, have you seen the chart?
It’s a helluva start, it could be made into a monster
if we all pull together as a team.
And did we tell you the name of the game, boy,
we call it Riding the Gravy Train

Restiamo uniti come squadra, è l’incitamento del produttore musicale, e diventerà un successo strepitoso.
Ma pare proprio che per la registrazione di questo brano in particolare abbia iniziato a crearsi un dissidio tra Roger Waters e David Gilmour che li porterà addirittura in tribunale dieci anni dopo a contendersi il diritto all’utilizzo del brand Pink Floyd: non riuscendo i due a trovare l’accordo sul modo di cantare, la parte cantata venne affidata a Roy Harper, che nello studio a fianco stava registrando il proprio disco.

Wish You Were Here

"Vorrei che tu fossi qui": è questa la canzone dedicata all’assenza per definizione, desiderando qualcosa o qualcuno che non c’è.
A chi è dedicata? Difficile da dire. A Syd? Penso di no. Roger Waters gli dava il merito di aver creato la band ed il suo suono, ma la band stessa lo aveva escluso perché non era più in grado di farne parte. I 4 Floyd avevano un senso di colpa si, ma Syd non mancava loro, se mai infondeva una profonda tristezza pensare al genio svanito ed al talento gettato via.
Alla moglie con cui aveva da poco interrotto la relazione? Forse.
Ma io penso sia dedicata al proprio "io" che non c’è più. Al Roger Waters che suonava per il gusto di farlo. Ed al clima che si respirava nella band, i concerti si facevano viaggiando verso la località prescelte per l’esibizione viaggiando assieme sulla macchina di Waters, bevendo e fumando. Ed era bello stare assieme.
Dopo il successo travolgente di The Dark Side, tutto era cambiato.

So, so you think you can tell
Heaven from hell
Blue skies from pain
Can you tell a green field
From a cold steel rail?
A smile from a veil?
Do you think you can tell?

Waters si rivolge ad un interlocutore – forse, se stesso appunto – che evidentemente si trova in uno stato di disagio, ed utilizzando una serie di opposti e di efficaci metafore gli chiede se sarà in grado di portare un po’ di chiarezza nella propria vita: pensi di essere in grado di distinguere il paradiso dall’inferno? Cieli azzurri (e quindi, serenità) dal dolore? Un prato verde da una fredda ferrovia? Un sorriso da dietro ad un velo?

And did they get you to trade
Your heroes for ghosts?
Hot ashes for trees?
Hot air for a cool breeze?
Cold comfort for change?
And did you exchange a walk on part in the war
For a lead role in a cage?

Waters incalza l’interlocutore e gli chiede se chi lo ha portato al cambiamento (forse, lo star system e l’industria musicale) lo abbiamo portato a barattare le cose a cui teneva di più con la loro negazione: ti hanno obbligato a scambiare i tuoi eroi con fantasmi? Cenere fumante al posto degli alberi? Aria calda al posto di una brezza leggera? E soprattutto, una delle frasi che è più cara a Waters, per cui servirebbero altre 20 pagine di approfondimento. Ti hanno portato a cedere il tuo posto in mezzo alla battaglia per un ruolo di comando? Antimilitarista convinto e profondamente segnato dalla prematura scomparsa del padre (pilota dell’aviazione inglese abbattuto dai tedeschi proprio in Italia nei pressi di Anzio), il classico ruolo del generale seduto in ufficio che manda i soldati a morire è l’antitesi di tutta l’essenza di Waters, da sempre impegnato anche in battaglie sociali, condivisibili o meno, come ad esempio in difesa del popolo palestinese, ma sempre battaglie ispirate a sacrosanti ideali.

How I wish, how I wish you were here
We’re just two lost souls
Swimming in a fish bowl
Year after year
Running over the same old ground
What have we found?
The same old fear?
Wish you were here

Accompagnato da una musica dal ritmo crescente, il finale è commovente: le due anime perse si ricorrono, e pur nuotando nello spazio ristretto come quello di una palla per pesci non riescono a ricongiungersi. Dopotutto, tutto questo affannarsi e correre cosa ha prodotto? Le solite vecchie paure.
Come vorrei che tu fossi qui.

Il brano, tra i più semplici in assoluto composti dalla band, diventerà uno di quelli che tutti conoscono. Anche chi non conosce i Pink Floyd, quando lo sente esclama "bella questa!". Di notte in spiaggia, in riva al fiume per una grigliata: tutti l’hanno cantata almeno una volta.
E’ questo il pubblico che piace a Roger Waters? No. E l’artista comincia a costruire un muro che lo separa da questo pubblico di massa che non è quello con cui vuole relazionarsi. Ma questa è un’altra storia.

Shine On You Crazy Diamond – Part II

Nobody knows where you are, how near or how far
Shine on you crazy diamond

Incredibile come solo la vita sa essere, proprio mentre i Pink Floyd registrano Shine On, un uomo calvo, senza sopracciaglia, grasso, fa il suo ingresso negli Abbey Road Studios. Nessuno all’inizio lo riconosce, poi Mason sussurra a Gilmour: "Hai capito chi è? E’ Syd".
Syd chiede se ci sia bisogno di aiuto per accordare le chitarre, ma gli rispondono di no. Difficile relazionarsi con lui, sembra e dice cosa da folle. Gilmour e Waters si commuovono allora ed ancora oggi a raccontarlo.
Pazzesco. E così come è arrivato, se ne va.
Non lo vedranno mai più.
Questo strofa penso faccia riferimento proprio a quell’episodio: nessuno sa dove tu sia, se vicino o lontano.

Pile on many more layers and I’ll be joining you there
Shine on you crazy diamond

Penso che i layers siano gli strati delle varie leggende che su di lui si vanno moltiplicando ma beh, cari lettori che avete resistito fino a qui, ve lo dico, è qui che inizia ciò che più mi piace dei Pink Floyd. Testo e musica, le tastiere di Wright, il vento in chiusura, la malinconia.

And we’ll bask in the shadow of yesterday’s triumph
Sail on the still breeze

Come on you boy child, you winner and loser
Come on you miner for truth and delusion and shine

Leggete la traduzione, e sognate pure voi.

E ci crogioleremo nell’ombra
del trionfo di ieri
E veleggeremo (assieme) sulla brezza d’acciaio
Avanti, eterno bambino, vincitore e perdente,
Avanti, portatore di verità e delusione.
E splendi.

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