Prodotti contraffatti: l’analisi del Censis sul mercato illecito

Il ”falso” toglie posti di lavoro e diminuisce le entrate fiscali

Sconfortanti come sempre le indagini sul mercato del “falso”. Il direttore generale del Censis, Giuseppe Roma, durante la conferenza “L’impatto della contraffazione sul sistema-Paese” ha così espresso la dimensione del fenomeno: “Senza la contraffazione in Italia ci sarebbero 110mila posti di lavoro in più e 1,7 miliardi di entrate per il fisco. Se i prodotti falsi fossero venduti sul mercato legale, la produzione salirebbe di 13,7 miliardi e le imposte (indotto incluso) di 4,6 miliardi.”
Il fenomeno è così esteso che non esiste prodotto che non possa essere imitato e venduto; fra i settori più colpiti spiccano l’abbigliamento e gli accessori con un giro d’affari di 2,5 miliardi, il multimediale (cd,dvd e software) e l’alimentare (1,1 miliardi).
Ciò che sostiene il mercato del falso, secondo la ricerca del Censis, è una domanda “consistente” da parte dei consumatori che sono “indifferenti al fatto di compiere un atto illecito e convinti di fare un affare”. Ma ciò che penalizza maggiormente la produzione italiana è l’abuso dell’indicazione di origine “made in Italy”: si spacciano per italiani prodotti che hanno in tutto o in parte origini diverse. Questo fenomeno interessa soprattutto il settore alimentare, ma colpisce anche quello delle calzature.
“In un periodo di crisi dove si ragiona di uno o due decimi di punto di crescita, la contraffazione sottrae al Paese 5,5 miliardi di valore aggiunto”, lo 0,35% circa del Pil.

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