Possono essere considerate “brecce” attraverso le quali attaccare la còrea di Huntington i frutti della ricerca il cui risultato è stato recentemente pubblicato sulla rivista Scientific Reports, da parte del Centro della Complessità e dei Biosistemi dell’Università degli Studi di Milano in collaborazione con la Penn State University. La còrea di Huntington è una patologia ereditaria neurodegenerativa, che spesso ha esordio in età adulta, e conseguenze che vanno dai caratteristici movimenti involontari all’alterazione del tono dell’umore, fino a compromissioni a livello cognitivo. Si presenta con la comparsa nel cervello di aggregati di una proteina mutata, l’huntingtina, in grado di interferire con la trasmissione dei segnali neurali.
La ricerca si è svolta sotto la coordinazione della docente di Patologia generale Caterina La Porta, e si è concentrata sul modo in cui si formano aggregati eterogenei formati da huntingtina mutata e normale, un argomento fino ad ora mai stato oggetto di studi. La comprensione delle configurazioni molecolari di questi aggregati avrebbe permesso di individuare bersagli molecolari adatti a destabilizzare gli aggregati stessi, cosiddetti “punti deboli strutturali” che potrebbero essere in futuro l’oggetto dell’intervento di nuovi farmaci volti all’inibizione o al rallentamento della formazione di tali aggregati.