Maurizio Martinelli. La storia di Angelo e di Piacenza che nell’ora più buia prova a non lasciare indietro nessuno

Maurizio Martinelli è un giornalista con un curriculum di tutto rispetto. Conduce il TG2 della sera, cura e conduce la rubrica di approfondimento “Dieciminuti”, che oggi si chiama “TG2: Puntodivista”, e in questi giorni è sul campo per raccontare la crisi sanitaria dovuta al coronavirus. Oggi ha pubblicato una storia sul suo profilo Facebook di quelle che scaldano il cuore, descrivendo una Piacenza che nell’ora più buia prova a non lasciare indietro nessuno. La riportiamo integralmente.

Angelo è un cameriere, o meglio lo era. Lo era prima che il virus sconvolgesse la sua e le nostre vite. Angelo l’ho incontrato per caso qui a Piacenza, in un giardino a pochi passi dal mio albergo. È accaduto oggi, saranno state le due del pomeriggio. Vestito di nero, l’aspetto curato, un cappello calato in testa, una valigia per casa e il terrore stampato negli occhi. Già, il terrore. Il terrore di chi non ha più nulla, di chi ha appena passato la sua prima notte in strada. Perché un conto è esserci abituato, alla strada: sai dove trovare un pasto, un ricovero, conosci i circuiti dell’accoglienza, della solidarietà, sai come difenderti. Scoprirla a 52 anni è tutta un’altra storia. E così Angelo mi avvicina, mi parla del lavoro perduto, mi racconta i suoi giorni, le sue paure, la sua disperazione, la sua solitudine. E poi la fame, la terra che manca sotto i piedi, il freddo della panchina che gli ha fatto da giaciglio. Lo ascolto, con un pizzico di cinismo penso che la sua può essere una storia per il mio giornale. Giuseppe accende la telecamera, Dora allunga l’asta del microfono. Lui parla, si interrompe, singhiozza, riprende il suo racconto. Mi dice di aver bussato alla porta di una chiesa in questa domenica delle palme, ma non tutti i preti sono santi. È sfinito, smarrito, perduto. Lo ascolto e mentre parla provo a calarmi nei suoi panni. Dove andrei? Cosa farei? Ma le risposte non le ho. Io sono fortunato, lui no: e questa è la sua unica colpa. No, penso, niente tv per Angelo, la sua storia non finirà nel tg della sera. In rubrica ho il numero del sindaco di questa città, è una donna, si chiama Patrizia Barbieri, il virus l’ha vissuto sulla sua pelle. E l’ha sconfitto. È domenica, è l’ora di pranzo, la città è devastata dall’epidemia. Mi risponde al terzo squillo: “Buongiorno sindaco, ho un problema…”. Le racconto di Angelo, lei ascolta, mi lascia parlare. “Dove siete?”, mi chiede. E poi, “Mi dia un quarto d’ora”. Il telefono squilla dopo cinque minuti. È l’assessore ai servizi sociali, mi chiede se posso aspettare. Certo. Un’altra manciata di minuti e il telefono squilla ancora. È il responsabile della Caritas diocesana. Mi dice che di lì a poco ci avrebbe raggiunto una sua operatrice. Ed eccola, Anna: arriva in bicicletta, è una che ci sa fare, il dolore e la disperazione sono il suo pane quotidiano. Per me e la mia troupe una strizzata d’occhio, per Angelo un sorriso che sa di casa. No, niente più strada, dicono i suoi occhi. Le notti a venire quest’uomo le trascorrerà in un ostello, e quando l’onda sarà passata si vedrà. Angelo piange, e stavolta sono lacrime di gioia. Intanto si avvicina un uomo in maglietta. In mano ha una busta con del denaro, la porge ad Angelo, con discrezione: “Ero in finestra – dice – ho visto, ho ascoltato, mi farebbe piacere offrirle una pizza…”. Angelo esita, si asciuga gli occhi, ringrazia impacciato. Anna è lì accanto: “Vieni – dice gentile – è ora di andare”. Con Giuseppe e Dora li vediamo allontanarsi. Buon vento Angelo. Mi resta un’ultima cosa da fare. Prendo il telefono, chiamo il sindaco, la ringrazio. “No Martinelli – mi risponde – sono io che ringrazio lei”. Una grande donna al timone di una grande città.

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