Nicola Bellotti

Comunicatore 2.0?Fotografo gentiluomo?Ottimista, passionario, eccessivamente empatico?Cattolico

Piace Mattoncini. I LEGO tornano il 7 e 8 maggio a Piacenza Expo

Un intero weekend quello del 7-8 maggio dedicato ai bambini, alle famiglie e a tutti gli appassionati di costruzioni. L’Associazione Piacenza Bricks, dopo due anni di stop forzato causa pandemia mondiale da Covid-19, riparte con uno degli eventi a tema LEGO® tra i più grandi del territorio emiliano.

Nel 2019 il contapersone aveva toccato quota 12.000, un successo inaspettato che ha infuso in tutti gli espositori grande emozione e gratificazione per quello che era stato fatto.

L’edizione 2022 non sarà da meno! Un padiglione ancora più grande (il triplo rispetto a quello del 2019), sempre a Piacenza EXPO, ospiterà circa 50 espositori che metteranno in mostra le loro creazioni realizzate con mattoncini LEGO®.

All’interno della mostra i visitatori potranno trovare diverse aree a tema dedicate a Star Wars, con astronavi da oltre 7.000 pezzi e lunghe quasi 1 metro, città e reti ferroviarie con treni in movimento, luna park con attrazioni mai viste, villaggio dei pescatori, set e diorami a tema Harry Potter, Disney, Marvel, DC e una grande area dedicata ai LEGO® Technic, sempre più amati da grandi e piccini, con ruspe e camion all’interno di un “cantiere” costruito per l’occasione.

Uno spettacolo unico che continuerà con una torre di quasi due metri e un ponte sospeso! Faranno parte dei 16 metri di percorso GBC (Great Ball Contraption) con oltre 200 palline, che farà rimanere letteralmente a bocca aperta tutti i presenti. Il percorso è una vera e propria opera ingegneristica: gli esperti di robotica applicata ai LEGO® hanno realizzato dei moduli in grado di trasportare centinaia di palline lungo un percorso tortuoso e ricco di insidie e colpi di scena.

E per i più piccoli? Un’area gioco con mattoncini classici e LEGO® DUPLO dove poter dare spazio alla fantasia!

Allo stand dell’Associazione Piacenza Bricks si potranno trovare, come di consueto, mattoncini esclusivi dedicati all’evento e una nuovissima “serie cinema” con le più note locandine dei film! E per gli amanti dell’arte è stato ideato un mattoncino raffigurante il celebre Ritratto di Signora di Gustav Klimt… imperdibile!

La mostra si chiuderà con un’area dedicata allo shopping a tema LEGO, con i set per collezionisti, le ultime novità del mercato e i banchetti dedicati allo sfuso.

L’evento si svolgerà presso Piacenza Expo, il polo fieristico principale della città, in Via Tirotti 11, in località Le Mose.

Orari: sabato 7 maggio la mostra sarà aperta dalle 14:00 alle 19:00. Domenica 8 maggio orario continuato dalle 10:00 alle 19:00.

Evento a pagamento, biglietti disponibili solo presso la biglietteria della Fiera.
Adulti 3 Euro
Ridotto (7-14 anni) 1 Euro
Gratuito (0-6 anni)

La musica senza barriere. Trona l’Orchestra Cherubini

Torna, giunta alla sua quarta edizione ‘La musica senza barriere’ rassegna lanciata dalla ravennate Orchestra Giovanile Luigi Cherubini – fondata nel 2014 dal Maestro Riccardo Muti – e deputata a porta la musica a chi non può varcare la soglia di un teatro come gli ospiti delle Rsa, delle carceri, degli ospedali.

La kermesse che prenderà il via mercoledì si rinnova ampliandosi in una prospettiva regionale: agli appuntamenti nella città e provincia di Ravenna, si aggiungono quelli a Piacenza, Reggio Emilia e Bologna

Burnout. Il rumore di fondo di questo tempo

A differenza di ciò che chiamiamo “esaurimento nervoso”, il “burnout” – una sorta di collasso fisico e mentale causato dallo stress o dal troppo lavoro – non comporta necessariamente l’incapacità di portare avanti ciò che dobbiamo fare tutti i giorni. C’è tanta gente in burnout che pur sentendosi sempre più stravolta riesce comunque, in qualche modo, a fare quello che va fatto da quando ci si alza in piedi al mattino a quando si torna a dormire.Avete fatto caso a quante gente da quando è scoppiata questa pandemia dice di essere stanca morta, sopraffatta dalla routine lavorativa, sempre più esausta? Avete notato quante persone raccontano di avere avuto attacchi di panico, difficoltà a dormire, avvisaglie di depressione? Io me lo sento raccontare almeno una volta al giorno, ogni volta che parlo con clienti, fornitori, professionisti, gente che lavora.

Ho letto uno studio che dimostra, numeri alla mano, che l’esperienza globale del lockdown ha portato tante persone ad interrogarsi sulla qualità della propria vita, evidenziando in modo chiaro a quante cose rinunciano ogni giorno per tenere i ritmi lavorativi che si sono imposte, sottolineando come un terzo degli intervistati sia infelice sul luogo di lavoro. La cosa mi ha colpito.

Negli Stati Uniti, dove non sanno cosa significhi il termine “posto fisso”, nella seconda metà del 2021 hanno mollato il proprio posto di lavoro 25 milioni di persone, come la metà degli abitanti del nostro Paese. Alcune di queste persone si sono licenziate per cercare un lavoro migliore. Milioni di altre persone hanno mollato tutto per prendersi cura di sé o di un familiare ammalato, per andare in pensione o, più semplicemente, perché erano infelici.

Quando ho fondato la mia azienda ho pensato: passerò in ufficio 12 ore al giorno, deve essere un ambiente positivo. Come possono testimoniare i miei compagni di viaggio, al primo colloquio ho sempre ripetuto la stessa frase: “al suono della sveglia, ogni mattina, vorrei che vi svegliaste felici di venire in ufficio”. Lavorare da noi penso non sia poi così male. Per carità, non è che sia una festa tutti i giorni. Ci incazziamo, discutiamo animatamente, teniamo il broncio e facciamo i capricci, come in ogni buona famiglia. Ma credo che tutto sommato la nostra realtà lavorativa sia migliore di molte altre.

Quello che mi preoccupa è il carico di stress che portiamo tutti sulle spalle. Già era dura prima del Covid, ma oggi a questo carico si è aggiunta la pandemia con i suoi lutti e la paura per i nostri cari, con le progressive limitazioni della nostra libertà, con la crisi economica con le sue derive sociali. Si è sommata un’incertezza corale che spazia dalla vita privata a quella pubblica, oltre al desiderio di ripartire che oggi si schianta a 300 km/h contro i muri della crisi energetica e di quella delle materie prime.

Da oltre 2 anni non sentiamo altro che brutte notizie e quando proviamo a rilassarci sui social veniamo sporcati dal veleno della grettezza, dell’ignoranza e della mediocrità che sale in cattedra ad insegnarci la vita.

Anche l’età gioca il suo ruolo. Secondo lo studio che ho letto, quasi il 40% dei millenials (parliamo di persone nate tra il 1981 e il 1996) sostiene di avere affrontato il burnout. Quelli come me che appartengono alla Generazione X tengono botta, ma ci è finito sotto il 25% degli intervistati, praticamente 1 su 4. Solo il 15% dei boomer dichiarano di avere affrontato un burnout: quelli hanno la pellaccia dura e non mollano lo scranno.

Credo sia ormai chiaro a tutti che il burnout, quello che non sfocia in esaurimento nervoso o si trasforma in depressione, non è qualcosa che si può curare con una vacanza. L’errore è stato considerare i comportamenti che ne derivano come una condizione temporanea, quando in realtà sono da tanto tempo, forse da prima del Covid, la nostra temperatura di base.

Se ne sono accorti tutti i grandi brand che stanno provando a correre ai ripari. Multinazionali, banche, mega studi di consulenza, catene di negozi stanno affrontando il tema del burnout diffuso con una certa apprensione. Avere gente bruciata tra i dipendenti costa parecchio di più rispetto a fare in  modo che l’ambiente di lavoro torni ad essere un po’ più felice e stimolante. E il tema del “riposo” fisico e mentale sta diventando prioritario.

Ho rapporti con aziende che dovrebbero prestare molta attenzione al modo di relazionarsi con il personale al proprio interno, così come con gli altri stakeholder, tra cui noi consulenti esterni. Sebbene lavorare con clienti di questo tipo possa essere incredibilmente gratificante, l’abitudine di alcune persone di tenere sempre alta la pressione, spesso senza ragione, diventa controproducente e compromette i risultati.

A compromettere la qualità del lavoro c’è anche, a mio avviso, l’uso sconsiderato che si fa delle app di messaggistica istantanea tipo Whatsapp. Ricevo centinaia (forse migliaia) di notifiche al giorno e diversi stramaledetti messaggi vocali che non riesco ad ascoltare in auto (perché il mio antiquato sistema non funziona) o mentre sono in riunione con i miei clienti. Una distrazione continua, senza soluzione di continuità, che ci porta ad iniziare mille cose senza riuscire a portarle a termine in modo ordinato, finendo per ritrovarsi con un’infinità di problemi aperti.

Chi utilizza lo smartphone per la propria professione, secondo una recente ricerca, resta connesso al suo lavoro per 13,5 ore al giorno: più o meno tutto il tempo in cui si è svegli, se non si contano i pasti. Senza contare che ormai non è più considerato se non altro ineducato inviare un messaggio di lavoro su Whatsapp in piena notte o nel weekend. Controllate anche voi la chat appena aprite gli occhi al mattino? Avete mai risposto ad un cliente mentre eravate al parco con i figli, al cinema, al ristorante o sotto l’ombrellone?

Se la distinzione tra vita professionale e vita privata vi appare sempre più sfumata, se ogni tanto sentite di avere la mente un po’ annebbiata, se vi scoprite troppo cinici, troppo sensibili, senza speranza, se avete interrotto le routine che vi piacevano, se vi da fastidio ascoltare la musica, se quello che vi divertiva non vi diverte più, se vi sentite sempre stanchi, esausti, sia fisicamente che emotivamente… bè, è tempo di correre ai ripari.

Abbiamo mandato Di Maio a cercare di impedire una guerra

Abbiamo mandato Di Maio a cercare di impedire una guerra.

Questo è il finale di una storia che inizia con un popolo che sceglie di rinunciare alla testa per dare ascolto alla pancia. È il risultato dell’avere aderito al principio dell’uno-vale-uno, dell’avere schernito le competenze, dell’avere creduto alla gigantesca bugia che chiunque possa fare qualsiasi cosa.

Vi fareste curare da un medico senza competenze? No, anzi. Quando si scopre un finto medico si invoca la galera e lo si definisce “immorale”. Mi domando dunque perché non debba essere definito “immorale” chi si candida a gestire la cosa pubblica senza avere uno straccio di competenza. Mi domando come si sia potuto sacrificare il nostro presente e ancora di più il nostro futuro rincorrendo un “vaffanculo” o un “basta con sti negher”. Si, perché adesso siamo davvero nei guai.

La crisi energetica e delle materie prime ci affliggerà per anni, dicono tutti gli analisti. Noi abbiamo lasciato che ci governasse la pancia in tutte le scelte strategiche degli ultimi 20 anni, al grido di “non nel mio cortile”. Belle le pale eoliche, ma non nel mio cortile. Dobbiamo impostare la gestione dei rifiuti nell’ottica di un’economia circolare, ma non nel mio cortile. Siamo pronti a fare i fighetti con le auto elettriche e i monopattini, ma poco ci importa se per produrre l’elettricità necessaria abbiamo una centrale termoelettrica praticamente in centro città. Tutto questo perché abbiamo scelto di rinunciare alla testa per dare ascolto alla pancia. Abbiamo scelto sempre il passato sbattendocene altamente del futuro.

Ascoltando quella incompetente della nostra pancia abbiamo invocato l’impoverimento della politica. Ci piace credere che il politico ideale debba essere una persona onesta e in gamba che dedichi la vita alla cosa pubblica guadagnando poco, quanto basta per vivere. Bene: questa persona non esiste. Infatti abbiamo mandato Di Maio a cercare di impedire una guerra.

A gestire una pandemia con le sue conseguenze, la crisi energetica, quella delle materie prime, i conflitti internazionali, le strategie geopolitiche, non vorreste vedere delle persone preparate, che magari hanno compiuto uno specifico percorso formativo e universitario, in grado di confrontarsi alla pari con i politici stranieri (alleati e non), capaci di gestire l’arte della diplomazia pensando al futuro e non solo al becero consenso elettorale?

Gli ultimi governi italiani ci hanno portato ad una sorta di neo-comunismo o quantomeno di iper-statalismo che non può che trasformarci in una società di parassiti di massa, attaccati alla tetta dello Stato e quindi servi. Lo Stato è talmente ingombrante nella vita economica del Paese da mortificare di fatto ogni slancio produttivo e innovativo, anche e soprattutto quando concede elemosine sotto forma di finanziamenti e fondi.

Più parlo con gli imprenditori e più mi affligge questa sorta di “presentimento di morte” che avverto da anni, da ben prima del Covid. Molte imprese stanno agonizzano, altre sanno che con le regole del gioco che ci sono in Italia non potranno durare ancora a lungo, altre cercano di non scomparire guardando al resto del mondo come unico salvagente possibile. E’ chiaro che il tessuto produttivo e la sopravvivenza delle imprese non sono una priorità né per il Pd, né per la Lega, né per Fratelli d’Italia, tantomeno per i 5 Stelle o per le altre sigle ininfluenti. A nessuno importa un fico secco di chi genera ricchezza e lavoro in Italia, perché il consenso elettorale non si ottiene facendo la cosa giusta. Ripeto: il consenso elettorale non si ottiene facendo la cosa giusta.

Per la prima volta nella storia d’Italia, le imprese dovrebbero essere messe nella condizione di lavorare senza vessazioni fiscali così impattanti da rendere impossibile la competitività internazionale e senza ostacoli burocratici unici al mondo. Ma questa cosa non avverrà mai e gli imprenditori lo sanno bene.

Oggi, con la guerra in Europa e un dittatore senza nulla da perdere che il mondo vorrebbe mettere con le spalle al muro, abbiamo disperatamente bisogno di abili diplomatici. Abbiamo disperatamente bisogno di persone competenti, preparate, esperte. Abbiamo disperatamente bisogno di un piano che consenta a Putin di uscire da questa situazione in modo dignitoso, perché altrimenti potrebbe vedere una sola via d’uscita e non ci piacerebbe affatto.

E sperando che questa guerra non degeneri, mi auguro che la lezione ci sia servita (anche se non ci credo). Confido che gli italiani non si lascino più incantare dalla demagogia, che i futuri politici smettano di rivolgersi agli impulsi, al fondo del barile emotivo delle persone, cessino di accendere e cavalcare i sentimenti più oscuri per conquistare il potere o tenere il consenso.

La politica deve tornare ad essere “una cosa alta”. Il termine “politico” deve perdere ogni accezione negativa. Dobbiamo smettere di avvicinarci alla politica con il cappello in mano e di pensare che a risolvere i nostri guai debba pensare lo Stato. Meno lo Stato si intromette nella nostra vita e più possiamo sperare di disinnescare il sistema che oggi ci rende prigionieri di una classe politica inadeguata.

Vittorio Giardino, l’uomo senza noia

C’è qualcosa nel fumetto che altri media non riescono a trasmettermi con eguale efficacia. L’immagine ferma, come la fotografia rispetto al video, mi ha sempre affascinato: in quell’istante congelato nel tempo c’è più spazio per il fantasticare rispetto a strumenti che ci offrono molti più dettagli sul prima e sul dopo. Ho ripreso in mano l’opera di Vittorio Giardino, classe 1946, uno degli autori italiani che definiscono il nostro stile nel mondo insieme a mostri sacri come Milo Manara, Guido Crepax, Hugo Pratt, Magnus, Paolo Eleuteri Serpieri e tanti altri. Di lui mi conquista la semplicità del tratto nonostante la maniacale cura del dettaglio, la dolcezza delle matite, la profondità della narrazione… ma soprattutto la sua figura di artista inusuale. Spesso l’artista è una persona tormentata, in eterna lotta contro le proprie insoddisfazioni, alla continua ricerca di qualcosa. Lui no; è un uomo felice che nelle rare interviste che concede racconta una vita normale, completa, fatta di soddisfazioni, di silenzi, di passeggiate al parco per trovare la giusta ispirazione. Un uomo che non conosce la noia.

Fabio Giampietro al Meet di Milano con The Lift

Meet Digital Culture Center ospita dal 14 aprile all’8 maggio “The Lift”, l’opera immersiva site-specific di Fabio Giampietro. Progetto dall’alto contenuto tecnologico, “The lift” coinvolge direttamente il pubblico trasformando le pareti della galleria in un enorme ascensore a vetri che sale nel mezzo di una metropoli, accelerando fino a catapultarlo fuori dal grattacielo stesso, oltre la città, e a farlo fluttuare nello spazio.

Genova Sessanta. Arti visive, architettura e società

Da non perdere la mostra “Genova Sessanta. Arti visive, architettura e società”, le trasformazioni della città, della creatività e del costume negli anni del boom economico” la mostra in programma dal 14 Aprile 2022 al 31 Luglio a Palazzo Reale nel Teatro del Falcone. A cura di Alessandra Guerrini e Luca Leoncini, la mostra racconta l’evoluzione di Genova dal punto di vista culturale, artistico, sociale ed economico.

Dagli scatti di alcuni dei grandi fotografi genovesi – Lisetta Carmi e Giorgio Bergami soprattutto – a disegni di architettura, arredi di design, grafica pubblicitaria, oggetti industriali, dipinti e sculture di autori del calibro di Lucio Fontana, Andy Warhol, Mimmo Rotella, Vico Magistretti, Gio Ponti, Franco Albini, Angelo Mangiarotti ed Eugenio Carmi: si intitola “Genova Sessanta. Arti visive, architettura e società.

Twitter. Elon Musk punta al 100% del capitale e offre 42 miliardi

Elon Musk punta al 100% di Twitter per ritirarla dal listino di Borsa offrendo 54,20 dollari per azione, 42 miliardi di dollari. Twitter esaminerà con attenzione l’offerta di Musk e risponderà nel “miglior interesse di tutti gli stockholder”.

In pre-mercato, i titoli Twitter sono balzati a New York dell’11,45% (a 51,10 dollari), mentre quelli Tesla sono scesi dell’1,33% a 1008.81 dollari. Elon Musk ha fatto un’offerta “migliore e definitiva” per acquistare il 100% di Twitter, affermando che la società ha un “potenziale straordinario” che lui vorrebbe sbloccare, in base a quanto si legge in un file inviato alla Sec, dicendosi pronto a pagare un premio del 54% rispetto al prezzo di chiusura del 28 gennaio e uno del 38% su quello dell’1 aprile, l’ultimo giorno di negoziazione prima dell’annuncio pubblico dell’investimento.

Klimt a Piacenza. L’uomo, l’artista, il suo mondo.

La mostra di Klimt a Piacenza è un’esperienza da non perdere. In Italia ci sono solo tre dipinti di Gustav Klimt e uno di questi è “Il ritratto di signora” salito alla ribalta delle cronache per essere stato misteriosamente trafugato nel 1997 dalla Galleria d’arte moderna Ricci Oddi di Piacenza per poi riapparire nel 2019. Il viso dolce di questa giovane donna, dagli occhi cerulei e le gote arrossate, dopo tanto peregrinare torna a dialogare con il pubblico, di nuovo a Piacenza, e diventa il punto di partenza per la mostra “Klimt.

Klimt è Klimt ed è impossibile non rimanere sedotti da questa sua arte così raffinata, elegante, rivoluzionaria per l’epoca. Ci ha regalato perle come queste Amiche (detto anche Le sorelle), un dipinto di rara forma verticale, dedicato al «legame speciale» (forse sentimentale, per cui scabroso per il tempo) delle due donne ritratte. Solitamente sono esposte alla Klimt Foundation di Vienna, ora le possiamo ammirare nella grande mostra Klimt. L’uomo, l’artista, il suo mondo.

L’uomo, l’artista, il suo mondo” allestita a Palazzo XNL, in via Santa Franca 36, fino al 24 luglio. Oltre 160 opere, tra dipinti, sculture, disegni, grafiche e oggetti d’arredo, catapultano i visitatori nella Vienna di fine Ottocento, restituendo loro quel clima di rinnovamento che scosse l’Impero austro-ungarico ancorato alle sue solide tradizioni, sociali, politiche culturali e artistiche, che si sarebbero infrante contro la tragedia della Prima Guerra Mondiale.

 

Playlist. Il meglio dei Tears For Fears

Anni ’80 e Rock britannico. I Tears for Fears sono un gruppo musicale definito “new wave” che ha esordito nel 1981 con al timone il chitarrista Roland Orzabal e il bassista Curt Smith. Alcuni brani come “Shout”, “Sowing the seed of love” e “Everybody Wants to Rule the World” fanno parte della colonna sonora ufficiale di quella decade musicalmente così affascinante.

Le melodie pop, rock e romantiche sono spesso accompagnate da testi che parlano della della situazione politico-sociale del periodo, in cui la popolazione di mezza Europa era preoccupata per la Guerra Fredda. Ma non solo…

In questa selezione abbiamo pensato ad un viaggio in 37 tappe alla scoperta del mondo musicale dei Tears For Fears, compreso il periodo in cui Roland Orzabal era sostanzialmente un solista.

Nome Artista Album
Woman In Chains Tears For Fears The Seeds Of Love
Elemental Tears for Fears Elemental
Sowing The Seeds Of Love Tears For Fears The Seeds Of Love
Everybody Wants To Rule The World Tears For Fears Songs From The Big Chair
Break It Down Again Tears for Fears Elemental
Shout Tears For Fears Songs From The Big Chair
Mad World Tears for Fears Tears for Fears Essentials
Cold Tears for Fears Elemental
Advice For The Young At Heart Tears For Fears The Seeds Of Love
Call Me Mellow Tears For Fears Everybody Loves A Happy Ending
Closest Thing to Heaven Tears for Fears Tears for Fears Essentials
Badman’s Song Tears For Fears The Seeds Of Love
Power Tears for Fears Elemental
Mothers Talk Tears For Fears Songs From The Big Chair
Everybody Loves A Happy Ending Tears For Fears Everybody Loves A Happy Ending
Mr. Pessimist Tears for Fears Elemental
Me and My Big Ideas Tears For Fears Raoul And The Kings Of Spain (Expanded Edition)
God’s Mistake Tears for Fears Tears for Fears Essentials
Raoul and the Kings of Spain Tears For Fears Raoul And The Kings Of Spain (Expanded Edition)
Dog’s a Best Friend’s Dog Tears for Fears Elemental
Pale Shelter Tears for Fears Tears for Fears Essentials
Falling Down Tears For Fears Raoul And The Kings Of Spain (Expanded Edition)
Gas Giants Tears for Fears Elemental
I Love You But I’m Lost Tears for Fears Rule the World: The Greatest Hits
Famous Last Words Tears For Fears The Seeds Of Love
Head Over Heels / Broken Tears for Fears Tears for Fears Essentials
Sorry Tears For Fears Raoul And The Kings Of Spain (Expanded Edition)
Head Over Heels Tears for Fears Rule the World: The Greatest Hits
Fish out of Water Tears for Fears Elemental
Swords And Knives Tears For Fears The Seeds Of Love
Stay Tears for Fears Rule the World: The Greatest Hits
Don’t Drink the Water Tears For Fears Raoul And The Kings Of Spain (Expanded Edition)
Goodnight Song Tears for Fears Elemental
Change (Radio Edit) Tears for Fears Tears for Fears Essentials
Pale Shelter (2nd Single Version) Tears for Fears Rule the World: The Greatest Hits
Year Of The Knife Tears For Fears The Seeds Of Love
I Believe Tears for Fears Tears for Fears Essentials