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Prodotti taroccati all’estero ”Made in Italy”. L’ultima contraffazione arriva dal Messico

Continuano le falsificazioni dei prodotti italiani, in particolare nell’agroalimentare

Meno di tre mesi fa, per la precisione lo scorso ottobre, al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio, la Coldiretti, aveva reso noti i dati riguardanti la falsificazione dei prodotti alimentari “Made in Italy”. Ne emergeva un quadro devastante per la nostra economia complessiva con un grave vulnus nell’agroalimentare, uno dei settori strategici e più produttivi del Paese, con perdite stimate per 60 miliardi di euro di fatturato all’anno e di circa 300.000 posti di lavoro.
Sono cifre che dovrebbero far riflettere tutte le istituzioni, specie in un momento come quello che stiamo vivendo nel quale i consumi interni registrano cifre che ci riportano indietro di anni ed il settore in questione è tenuto a galla dall’export che pare non arrestarsi specie in settori strategici come quelli dei vini, dei salumi e dei formaggi.
Ma se l’UE ha introdotto regole stringenti per tutelare i prodotti tipici nazionali dei vari stati membri, al contrario, all’estero si continua ad assistere ad un vero e proprio far west dell’agroalimentare, stante la difficoltà per i produttori nostrani di poter vedere tutelati i propri marchi oltre l’area d’influenza dell’Unione.
L’ultima segnalazione circa una grave contraffazione giunge dal Messico. Di recente è stato denunciato da alcuni concittadini in vacanza, che nei supermarket del paese centroamericano viene messo in vendita in bella mostra sugli scaffali un prosciutto la cui denominazione fa propendere in maniera a dir poco truffaldina a considerarlo come “Prosciutto di Parma”. Peraltro, sulla confezione è messo in bella mostra l’indirizzo di un sito web (www.parma.com.mx) dove vengono pubblicizzati diversi prodotti alimentari a “marchio” Parma e che ovviamente nulla hanno a che fare con i prodotti tipici del capoluogo emiliano.
Non è la prima volta che il consorzio del tipico prosciutto di Parma è nel mirino dei contraffattori. Uno dei casi emblematici dell’assenza di tutele nel settore è quello registratosi in Canada qualche tempo fa e che ha portato ad una situazione paradossale che la dice tutta sulla necessità d’interventi a livello globale. Nel caso in questione il finto prosciutto italiano viene prodotto in Canada e venduto con nome e marchio del prosciutto di Parma, mentre quello vero importato dall’Italia deve essere commercializzato con un altro nome. Ciò almeno secondo un’assurda sentenza della Corte Federale canadese secondo cui il marchio storico sarebbe già stato registrato nel Paese proprio dalla società che produce e vende il falso Parma.
Alla luce della carenza di misure certe per la tutela dei prodotti tipici del “Made in Italy”, da parte degli enti, come il WTO, che si occupano del commercio globale, che consentirebbero di evitare situazioni come quella accaduta in Canada, Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti“, invita comunque i consumatori italiani a segnalare tutti i possibili atti di pirateria agroalimentare per poter consentire tempestivamente ai produttori nazionali da sempre impegnati a garantire standard elevati di qualità conquistati con decenni, per non dire centinaia d’anni d’esperienza, d’intervenire presso le autorità giurisdizionali straniere per limitare i danni ed evitare o almeno ridurre le conseguenze di questo genere odioso di concorrenza sleale.

Crisi. Le famiglie italiane tagliano il riscaldamento, è la cosiddetta ”fuel poverty”

L’impennata delle bollette energetiche e la crisi stanno costringendo a spegnere le caldaie nel pieno dell’inverno

Nel Regno Unito la chiamano “fuel poverty”, che detta in parole italiane è quel fenomeno di progressivo impoverimento delle famiglie che le costringe a dover tagliare il riscaldamento a causa dei costi sempre maggiori delle bollette energetiche e alla difficoltà di arrivare a fine mese.
Un sondaggio effettuato nel paese d’Oltremanica ha rilevato che arriva al 23 % il numero delle famiglie costrette a scegliere tra l’alimentazione dei loro bambini e il “normale” riscaldamento delle proprie case, mentre molti si stanno imbacuccando con vestiti extra e coperte per cercare di mantenersi più al caldo anche nella propria dimora. Il 56 %, invece spegne la caldaia quando i propri piccoli sono a scuola o comunque fuori casa.
E le previsioni non sono rosee: gli esperti arrivano a dire che il numero di famiglie colpite da “fuel poverty” raddoppierà entro il 2016.
Se in Gran Bretagna è soprattutto l’impennata dei costi energetici a causare queste drammatiche situazioni che hanno una diffusione senza precedenti negli ultimi tre decenni, in Italia le segnalazioni che giungono allo “Sportello dei Diritti” sono nello stesso segno, ma aggravate da una crisi economica ancor più evidente anche se forse non si è giunti al picco anche perché l’inverno che stiamo vivendo è senz’altro più mite di quello dei paesi del nord Europa.
La colpa di questa situazione per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” va ricercata nelle ricette assolutamente sbagliate per uscire dalla crisi che sono state indirizzate ad assurdi tagli che sono andati a colpire i comuni che perlomeno potevano garantire livelli minimi di assistenza o qualche sussidio specie nei confronti dei più disagiati, ma anche da insane politiche energetiche nazionali, anche quelle degli ultimi anni che continuano a privilegiare le fonti fossili che in quanto tali sono destinate ad esaurirsi e ad un aumento continuo e costante dei costi, a danno delle cosiddette rinnovabili. È evidente, che anche in Italia come nel Regno Unito, siano le lobby dei petrolieri e dei magnati del “gas naturale” ad influenzare tali assurde strategie energetiche che porteranno ancora più danni nel corso dei prossimi anni.
Agli italiani non resta che affidarsi alle bizzarrie del tempo, sperando in inverni miti anche in futuro a meno che il prossimo governo non cambi rotta. Ma anche in questo, per ciò che si prepara all’orizzonte, lasciateci il beneficio di dubitare.