Nicola Negri

Tennis. Favoriti e outsider nell’analisi del Masters di Londra

Al via con Murray-Berdych il tradizionale appuntamento con i migliori otto della stagione

Con Murray-Berdych, il via alle 14.45 italiane, si apre la 43esima edizione delle Atp Finals, meglio note come Masters, il tradizionale appuntamento di fine anno che raccoglie gli otto migliori tennisti della stagione. Il torneo si disputa per il quarto anno di fila all’Arena 02 di Londra e la formula è quella del round robin: due gironi da quattro che qualificano alle semifinali incrociate i primi due di ciascun gruppo. Attraverso l’analisi dei due gironi, proviamo a capire chi sono i quattro più credibili candidati al trono del re delle ultime due edizioni, quel Roger Federer presente anche quest’anno.
GRUPPO A: il più equilibrato. I candidati naturali alle semifinali sono i classe ’87 destinati a giocarsi il numero 1 il prossimo anno, Novak Djokovic ed Andy Murray, naturalmente. Come escludere a priori però due bombardieri, Tomas Berdych e Jo-Wilfried Tsonga, che in giornata di grazia possono stendere chiunque? Mi sembra l’anno di Murray ancora più degli altri, e tra i due outsider di lusso mi prendo il ceco.
GRUPPO B: Roger Federer sopra a tutti. Che sono: l’ultimo ad averlo battuto in ordine di tempo, Juan Martin “drittone” Del Potro; il fresco vincitore di Parigi-Bercy, il regolarista (troppo per me) David Ferrer; e l’enigmatico uomo-Oakley Janko Tipsarevic, il vaso di coccio che ha approfittato dell’infortunio di Rafael Nadal per partecipare al gran galà. Non posso pensare ad un mancato passaggio del turno da parte dello svizzero; il match decisivo si preannuncia così quello tra Ferrer e Del Potro.
Gli organizzatori si augurano, in mancanza di Nadal, una finale (di lunedì) tra Djokovic e Federer. A me, anche se la vedo durissima, piacerebbe vederne una tra Del Potro e Tsonga, prologo dell’eventuale salto di qualità di uno dei due per uscire dalla dittatura dei “Fab 4” la prossima stagione.

Calcio. Juventus-Inter. Tre domande per capire qualcosa in più sul Derby d’Italia

Sfida importantissima ma decisiva solo nel caso una delle due perda decisamente male

Per Juventus e Inter sarebbe dovuta essere una tranquilla giornata casalinga di transizione verso la supersfida di sabato sera. Invece, come spesso succede in questi casi, si sono verificate una serie di sorprese (il vantaggio della Samp, il pareggio del Bologna) che hanno trasformato il confronto a distanza in un’altalena di emozioni e distacco in classifica: dal più 4 iniziale al più 6, al più 2, per tornare al più 4 stabilito dal gol di Pogba nei minuti di recupero.
Tre domande per capirci qualcosa in più. Chi sta meglio fisicamente? La Juve dopo una reazione veemente ha segnato a tempo scaduto, l’Inter cresce col passare dei minuti. PARI.
Chi sta meglio mentalmente? I Campioni d’Italia non perdono da una vita e il Derby d’Italia è garanzia di testa salda sul campionato, l’Inter arriva gasatissima da otto vittorie consecutive che però non hanno contribuito a ridurre il distacco. Io però dico LEGGERMENTE MEGLIO L’INTER.
Chi può essere l’uomo in più? Molto banalmente Vucinic da una parte, Milito dall’altra.
Mettendo insieme difesa e centrocampo della Juve e attacco dell’Inter verrebbe fuori una squadra fantastica. Se c’è una squadra che da qui alla fine del girone d’andata può interrompere la striscia quasi record di Conte, questa è l’Inter, in questo momento. I tifosi nerazzurri tocchino ferro, ma si diceva la stessa cosa del Napoli un paio di settimane fa…
Partito bene fuori dal campo con la telefonata distensiva Agnelli-Moratti, speriamo spettacolare sul campo, importantissimo ma decisivo solo nel caso una delle due perda decisamente male, in ogni caso: buon Derby d’Italia a tutti!

Volley. Elogio di uno sport corretto ed appassionante come pochi

Le mie considerazioni all’alba di una nuova stagione da abbonato della pallavolo

Parliamo un pò di pallavolo. Avendo dovuto saltare il primo impegno casalingo, ieri ero al mio personale debutto al Palabanca, in quello che è ormai il mio quinto anno consecutivo da abbonato del Copra Piacenza (e da questa stagione, grazie ad una vantaggiosa combinazione, anche della Rebecchi Nordmeccanica Pc). Anni partiti col botto, la vittoria dello scudetto, proseguiti tra relativi alti (la stagione successiva al tricolore e la scorsa) e preoccupanti bassi (il disgraziato 2010-2011, con una retrocessione evitata solo all’ultima giornata).
Avrò modo e tempo di parlare della squadra di quest’anno, del campionato, di provare ad azzardare analisi tecniche e pronostici. Oggi mi preme di più sottolineare altri aspetti, a mio parere non meno importanti.
Sarà per la correttezza e l’ospitalità della stragrande maggioranza delle tifoserie: spesso e volentieri si mangia e si beve con i “nemici”, ci si mobilita insieme per una giusta causa (da ultimo il caso Simon). Oppure per il fatto di essere rimasto uno sport “a misura d’uomo”, con i bambini che giocano a pochi metri dal campo e i suoi protagonisti che prendono stipendi accettabili anche in tempi di crisi nonostante spesso siano dei super-atleti. Oppure che questi ultimi siano sempre pronti ad un autografo, una stretta di mano, una foto. Sarà per l’agonismo e la spettacolarità che trasuda da ogni incontro nonostante manchi il contatto fisico. Sarà anche perché a farla da padrone sono una volta tanto le realtà provinciali come la nostra, da più di dieci anni ormai ai vertici del campionato che rimane il più bello e il più competitivo del mondo, nonostante gli attacchi russi e brasiliani, la scomparsa di società storiche e un anno inspiegabilmente senza retrocessioni. Sarà perché nonostante tutto la Nazionale italiana arriva tra le prime quattro alle Olimpiadi da cinque edizioni consecutive, nonostante la “Generazione dei Fenomeni” sia finita da tempo.
Sarà per tutto questo che da anni ormai sono innamorato della pallavolo. Ce l’abbiamo a pochi chilometri da casa, e capiremo quanto sono stati belli quegli anni solo quando ormai saranno passati.

Calcio. Champions League. Per le italiane è necessario un cambio di marcia

La più importante competizione europea conferma comunque il suo alto livello e la sua incertezza

I Campioni d’Europa in carica del Chelsea sconfitti con poche attenuanti a Donetsk; i vicecampioni del Bayern Monaco che dovranno lottare sino all’ultimo in un girone all’apparenza abbordabilissimo; Barcellona e Manchester United che rimangono a punteggio pieno solo dopo rimonte casalinghe non esattamente contro la creme del calcio europeo; e ancora la sconfitta a domicilio dell’Arsenal, le difficoltà dello Zenit, la caduta del Real Madrid e quella del Manchester City, vicinissimo alla seconda, bruciante eliminazione consecutiva. Una lunga premessa per dire che la Champions League conferma il suo alto livello e la sua imprevedibilità.
Detto questo, concentriamoci sulle nostre due rappresentanti. La Juventus, con sette punti nelle prossime tre partite, di cui due consecutive saranno allo “Juventus Stadium”, sarebbe praticamente certa del passaggio del turno. Il problema, non da poco, sarà farli questi sette punti, se la squadra continuerà a conoscere distrazioni difensive (in Europa anche i Campioni di Danimarca possono colpirti al primo errore), a creare tanto concretizzando poco (se la Juve riuscisse a sfangare la prima fase, un forte aiuto potrebbe venire dal mercato: facciamo uno Llorente a prezzo di saldo?), ma soprattutto a smarrire in Champions il gioco di stampo europeo che le viene riconosciuto tra le mura italiche. Imprescindibile fare bottino pieno nel prossimo turno, per debellare la pareggite europea che dura da troppo tempo ormai, ma più di ogni altra cosa per avere la possibilità di giocarsi il tutto per tutto il 20 novembre contro il Chelsea. Il mancato approdo agli ottavi provocherebbe a mio parere contraccolpi negativi su tutto l’ambiente; in caso contrario, invece, i Campioni d’Italia si troverebbero alla fase successiva forse con un top player, sicuramente con un Conte in più nel motore.
Sul Milan si è ormai detto e scritto di tutto di più. In caso di sconfitta in una delle prossime gare di campionato, non penso che Allegri sarà ancora alla guida della squadra in occasione del prossimo impegno europeo. Al tecnico livornese, come dimostrato ieri sera con l’introduzione in una partita così delicata della difesa a 3, o meglio a 5, il coraggio non manca. Quello che manca è un pò di fortuna, che avrebbe potuto trasformare la sconfitta della “Rosaleda” in un pareggio. Discorso alla Galliani quest’ultimo, cioè fortemente riduttivo e teso a nascondere i reali problemi del Milan. Che sono un organico non all’altezza (difficile competere ad alto livello con, due su tutti, Acerbi e Constant) e non tirando praticamente mai in porta. E non è poco. Il gruppo concede ancora la possibilità di un cambio di marcia. Due condizioni necessarie e indispensabili: Allegri avanti solo con la fiducia del gruppo (che in questo momento sembra ancora avere) e una formazione sensata col poco che in questo momento il tecnico ha a disposizione, che secondo me potrebbe essere così disegnata (4-2-3-1, così Galliani è contento): Abbiati; Abate (Bonera se si vuole bloccare maggiormente la difesa), Zapata, Mexes, De Sciglio; Ambrosini, De Jong; Emanuelson, Montolivo, El Shaarawy; Pato.

Intervista al Direttore del Guerin Sportivo Matteo Marani

Ho fatto alcune domande al giornalista alla guida della più antica rivista sportiva del mondo

Il “Guerin Sportivo”, “GS” dalla sua trasformazione in mensile o più semplicemente “Guerino” per chi come me è diventato una costante sin dalla sua fanciullezza, con i suoi 100 anni compiuti proprio quest’anno, è la più antica rivista sportiva del mondo. Ed è italiana, bolognese per la precisione. Come il suo giovane Direttore Matteo Marani, al quale ho avuto il piacere di rivolgere alcune domande a metà strada tra attualità e giornalismo.
Che 100esimo anno è stato?
Gratificante, esaltante, pieno di attestati e di eventi. Qualche giorno fa abbiamo presentato un libro sulla storia della nostra rivista (“Un secolo di Guerino”, scritto da Paolo Facchinetti per Minerva Edizioni, ndr). Le lettere pubblicate sul numero del centenario ci hanno dimostrato una volta di più l’affetto dei nostri lettori, grande successo ha riscosso la storia del magazine ad esso allegata. Grazie alla TV, poi, abbiamo avuto la possibilità di godere di una visibilità ancora maggiore.
Quali sono stati i tuoi maestri?
Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi Direttori quali Italo Cucci, Marino Bartoletti, Domenico Morace.
E’ ancora utopia pensare ad una rivista di studi storici sul calcio?
Sì. A livello di investimenti privati non siamo ancora pronti. L’unica possibilità sarebbe un’iniziativa promossa dalla FIGC, che però non si è mai dimostrata interessata, o dal CONI. Per il momento ci dobbiamo quindi accontentare di spazi ricavati all’interno di riviste non specialistiche.
E’ ancora possibile pensare ad un ciclismo pulito?
A dire la verità il mio rapporto con il ciclismo è ormai molto condizionato. Sono appassionato, l’ho anche praticato in prima persona, ma i sospetti sono troppi. Varie testimonianze parlano di difficoltà anche solo a tenere il passo del gruppo, senza l’utilizzo di sostanze dopanti. E’ necessario abbassare la media a cui si corre, e non si perderebbe certo in spettacolo. Ascoltando le testimonianze di quegli sciagurati, non so neanche dire se il sentimento predominante sia la rabbia o la pena. Il doping nel ciclismo è ormai da vari anni il segreto di Pulcinella.
Un pronostico secco sul Campionato di Serie A.
A meno di disastri, Juventus.
Uno sulla Champions League.
Penso che sia una questione spagnola, e che potrebbe essere l’anno buono di Mourinho e del suo Real Madrid. Le italiane? La Juventus è l’unica ad avere un gioco “europeo”, in ogni caso si ragiona su un trend negativo che è necessario arrestare.
Grazie Direttore. E lunga vita al nostro amato Guerino.

Brasile 2014. Un’Italia in crescita si avvicina ai Mondiali

Contro la Danimarca una prova di personalità, con Balotelli e il centrocampo sugli scudi

San Siro più Azzurri è una combinazione che ha sempre il suo fascino, peccato che ieri sera non in tantissimi l’abbiano pensata come me, comunque soddisfatto per l’atmosfera (tanti bambini e “nuovi italiani”) e gli evidenti progressi della sua Nazionale. Balotelli che all’alba della partita si sostituisce a Barzagli nella veste di ultimo baluardo è un buon segnale, confermato dal fatto che Mario riesca a sostenere sulle sue robuste ma ancora giovani spalle tutto il peso del nostro attacco.
Grazie a Prandelli, perché se no, Montolivo non assona più con comodino, ne scaglia anzi uno dentro la porta ospite; quando poi, alla faccia di Zeman, De Rossi timbra il suo secondo francobollo su due speditogli dall’Andrea nazionale, bisogna come minimo essere pessimisti per pensare al peggio. E io modestamente lo sono (sino al 5 a 0 o al 3 a 0 a dieci dalla fine non mi tranquillizzo. E proprio ieri sera la Germania che, parentesi nella parentesi, avrà sì guadagnato in bel gioco ma anche sicuramente perso gran parte della sua antica e famosa solidità, mi ha dato ragione).
Il film dell’orrore sembra materializzarsi a cavallo dei due tempi, e il pensiero corre a quell’Italia-Danimarca 2-0 diventato rapidamente 2-3 ormai tredici anni orsono. Quella però era un’altra Danimarca, ma soprattutto questa è un’altra Italia, con Mastro Pirlo a pescare il delizioso esterno di SuperMario.
Con un centrocampo, nel quale da parte del CT prosegue l’opera di innerbamento di piedi buoni e nuovi (da ultimo Candreva), una B2 (Barzagli-Balotelli) e avversarie così, il Brasile sembra sempre meno lontano (non dico “più vicino” giusto per non smentire il mio pessimismo).
Israele è invece già realtà per i ragazzi di Mangia, che avevano aperto una serata azzurra per noi e nera per i nordici: un inizio di rivincita nei confronti di chi osa ancora dire che otto anni fa, ad Oporto, fu partita vera.

Lance Armstrong e il doping. Il tradimento dell’uomo che visse due volte

Sconcerto e quasi rassegnazione di fronte ad uno dei più grandi scandali della storia dello sport

Due italiani: il maresciallo del Nas Renzo Ferrante e l’ex compagno di squadra Filippo Simeoni. Altri undici suoi ex compagni all’Us Postal: Frankie Andreu, Michael Barry, Tom Danielson, Tyler Hamilton, George Hincapie, Floyd Landis, Levi Leiphimer, Stephen Swart, Christian Vande Velde, Jonathan Vaughters e David Zabriskie. Più tredici ulteriori persone, che portano a ventisei il conto degli accusatori di un re ormai nudo.
Il fatto che un’inchiesta così approfondita e completa provenga dagli Stati Uniti, il suo Paese, quello che fino a ieri l’avevo difeso e in alcuni casi continua a farlo (vedi gli inviti alle gare di triathlon), il “Paese un tempo ritenuta la culla dell’individualismo più sfrenato e del giustificazionismo totale” (cit. “l’Editoriale” di Franco Arturi sulla Gazzetta di oggi), lascia ormai adito a ben pochi dubbi.
Lance Armstrong, l’uomo che visse due volte, è uno, se non il più grande, dei più grandi truffatori della storia del ciclismo e di tutto lo sport. Lo dico con qualcosa di più che la morte nel cuore, per la dedica all’amico Casartelli; per quello splendido spot della Nike uscito in occasione delle Olimpiadi di Pechino, in cui, sulle note di “I’ve got soul but I’m not a soldier”, in un climax di emozioni Armstrong compare prima quasi morente in un letto di ospedale, e poi straripante sulle montagne del Tour.
I media mi sembrano quasi rassegnati di fronte a questa notizia, quasi restii a darle il peso che purtroppo merita, e io allo stesso modo mi sento: ovviamente tradito in modo crudele ma ormai rassegnato, un “Livestrong” e un’altra epoca del ciclismo buttati nel cesso.
Domanda (forse) retorica: Lance, perché? Conclusione d’obbligo: ciclismo, pulizia ed umanizzazione ora o davvero mai più.

Calcio. Top players. La dimostrazione che è sempre meglio averli

Dai centrocampisti juventini a Ibrahimovic, da Cristiano Ronaldo a Messi

Signore e signori, per la serie “Meglio averli”, ecco a voi i famosi, e in alcuni casi famigerati, “Top players”. Alla Juventus, in attesa che arrivi, possibilmente a gennaio, quello tanto sospirato in attacco, è ormai chiaro che a centrocampo non ne hanno uno, ma tre, di cui due andati in rete ieri nella difficile trasferta di Siena. Restando ai fatti di casa nostra, se ne è sentita la mancanza nel derby della Madonnina, risolto all’alba dalla zuccata di un difensore.
Poco prima, nel tratto di costa mediterranea compreso tra Marsiglia e Barcellona, erano andati in scena a colpi di doppiette due spettacolari confronti. Entrambi espressione di confronti che vanno oltre lo sport, ed entrambi valide per la supremazia nazionale, non hanno deluso le attese della vigilia, al contrario della sfida di Milano, non a caso un pò degradata di importanza rispetto agli scorsi anni.
E non a caso nei due confronti sopra citati sono entrati in gioco quei “Top players”, il cui compito è iniziare il gioco quando questo si fa duro. Nel caso francese, in cui ad aprire e chiudere è stato Gignac con la doppia partecipazione di Ibrahimovic, ci si riferisce, almeno per ora, al più ristretto ambito nazionale; in quello spagnolo, invece, con Ronaldo a fare la parte di Gignac (Cristiano, si fa per semplificare…) e Messi quella di Ibra, il duello tra i due sta segnando e segnerà negli anni a venire il calcio non solo in terra iberica, ma anche a livello individuale (vedi Pallone d’oro), europeo (Champions League), in attesa di una possibile resa dei conti ai Mondiali brasiliani del 2014.
Signore e signori, per la serie “Meglio averli”, ecco a voi i “Top players”, quelli veri.

Calcio. Serie A. Due settimane molto importanti per le sorti del campionato

Il Derby di Milano e Juventus-Napoli potrebbero già emettere verdetti significativi

Per il campionato italiano di Serie A si apre, intervallata dalla sosta per lasciare spazio alle qualificazioni mondiali, una “due settimane” molto importante. Domenica sera, match clou del settimo turno, è in programma il Derby della Madonnina. Vedo aria di pareggio, con da una parte un Allegri più saldo dopo la vittoria in terra russa e che sembra aver trovato la formula giusta, e dall’altra un’Inter con maggiori valori tecnici ma allo stesso tempo l’incognita di un viaggetto (…) sino all’Asia transcaucasica di cui tutto l’ambiente nerazzurro avrebbe fatto volentieri a meno.
Le possibili armi in più? Troppo facile dire El Shaarawy, e allora voto l’ex dal dente più che avvelenato, Pazzini, da una parte, e l’uomo-derby Milito, ma anche l’altro avvelenatissimo ex Cassano, dall’altra.
Da seguire con interesse anche il debutto di due bandiere, Lopez e Corini, chiamate al capezzale di Cagliari e Chievo: compito da subito difficile per entrambi, impegnati rispettivamente a Torino ed in casa contro l’ottima Sampdoria di questo inizio di campionato.
Il momento più atteso di questa prima parte di Serie A è però fissato per sabato 20 ottobre alle 18: allo Juventus Stadium la squadra di casa affronterà il lanciatissimo Napoli di Mazzarri. Per le capoliste sarà fondamentale rimanere tali dopo questo turno, e per la Juventus in particolare sperare che le Nazionali le consegnino giocatori carichi e non spompi, o peggio ancora infortunati: mai come ora sarebbe un colpo difficile da attutire.

Fisherman’s Friend StrongmanRun a Rovereto. Io c’ero. Noi c’eravamo.

Un’esperienza fantastica tra divertimento, solidarietà e soddisfazione personale

Io c’ero. Pettorale 393 e fascia da kamikaze, sospeso tra la voglia di scappare e quella di spaccare il mondo. Ho scelto la seconda opzione, e ne è valsa la pena. Difficilmente può capire chi sabato scorso non era tra i 2600 pazzi e colorati partecipanti della prima edizione italiana della Fisherman’s Friend StrongmanRun, la prima assoluta passante anche attraverso un centro cittadino, quello del gioiello trentino di Rovereto.
Difficilmente può capire la disponibilità e la simpatia dei volontari attraverso il massacrante percorso formato da due giri di nove chilometri; difficilmente può capire come sotto i costumi più fantasiosi e assurdi si nascondessero un cuore e due gambe da veri “strongmen”; difficilmente può capire l’emozione che si prova ad essere incitati dal primo all’ultimo metro, da amici ma soprattutto da sconosciuti, da belle ragazze ma soprattutto da bambini pronti a darti il “cinque” come solo loro sanno fare; difficilmente può capire quanto sia importante avere, come nella vita, qualcuno con cui affrontare gli ostacoli che ci si trova davanti, conosciuto come nel mio caso Mirko, ma anche sconosciuto come quello che con infinita pazienza mi ha aiutato a scalare balle di fieno che, in preda ai crampi, credevo ormai insormontabili.
Difficilmente può capire quella che è prima di tutto una sfida con se stessi ma impossibile da superare senza l’aiuto degli altri. Pettorale 393, medaglia al collo e lacrimoni misti di stanchezza e commozione a stento trattenuti. Strongman 2012. Io c’ero. Noi c’eravamo.